RECENSIONE
Camillo Crocamo, Le tipologie di architettura rurale nel Parco Nazionale
del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Globus snc, Vallo della Lucania
(Salerno), 2015
Sergio Gnesda
version
française
I - La pubblicazione
In occasione del suo soggiorno a
Parigi in novembre 2016, l’architetto Camillo Crocamo ci ha consegnato il primo
numero della serie Le tipologie di architettura rurale nel Parco Nazionale
del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Intitolato Le Microarchitetture
(1), quest’opera é costituita da due volumi, intitolati il primo,
Approfondimenti, e il secondo, Schede.
Il Parco del
Cilento, Vallo di Diano e Alburni é un parco nationale italiano situato
nella provincia di Salerno, in Campania. Creato nel 1991, é inscritto dal 1998 nella
lista del Patrimonio mondiale dell’umanità stabilita dall’Unesco ed é riconosciuto
quale riserva della biosfera dal 1997. É il primo parco nazionale italiano divenuto
geoparco (2).
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Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni
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Nel secolo XVIImo e XVIIImo, i mercanti e gli artigiani,
dopo aver acquistato le terre dei nobili e del clero, le adattarono per
sfruttarle a fini agricoli. Questo fatto si tradusse principalmente nella
costruzione di terrazzamenti, ponti, opere per recuperare l’acqua, mulini, ecc..
Gli abitanti del Cilento hanno utilizzato queste opere fino alla fine degli anni
1950, quando l’agricoltura ha cessato di essere redditizia.
Ogni
elemento é studiato nel suo contesto identificando la funzione per la quale
é stato costruito e determinando lo statuto sociale della famiglia alla quale
appartiene.
Il tomo I (Approfondimenti)
presenta le caratteristiche delle opere classificandole per tipo funzionale
mentre il tomo II (Schede) raccoglie le schede individuali delle opere
proprie a ciascuna delle sette comunità del Parco (3).
L’autore ha
recensito le opere più importanti (759 schede !) ed ha preso in
considerazione solamente quelle che non avevano subito interventi di
riconversione. Il suo lavoro, frutto di 40 anni di ricerche sul terreno, di
colloqui con gli anziani e dei suoi ricordi personali, mira a evidenziare
l’importanza di questo patrimonio.
Tomo I – Approfondimenti
Il primo fascicolo, di quasi 200 pagine, é composto da 16 capitoli :
1/ sistemazione a terrazze, a gradoni, a
lunette, a ciglioni, 2/ i percorsi, 3/ i ponti in pietra e le passerelle, 4/ i
luoghi di culto extraurbani, 5/ i ricoveri temporanei, 6/ i manufatti per
l’approvvigionamento idrico, 7/ i mulini, 8/ i frantoi, 9/ le calcare, 10/ le
fornaci per la terracotta, 11/ i forni per il pane ed i forni per l’essicazione
dei fichi, 12/ i palmenti per la pigiatura dell’uva, 13/ le aie, 14/ le
staccionate e le chiudende in legno, 15/ gli orti murati, 16/ i portali di
accesso alle proprietà agricole.
Questi 16 capitoli sono seguiti da una bibliografia ragionata (4).
Tomo II – Le schede
Il secondo fascicolo comprende le schede che sono divise in tre sezioni :
- fotografica (cinque foto),
- cartografica (due carte catastali storiche),
- analitica (localizzazione e accessibilità, classificazione e stato attuale).
Ognuna delle sette comunità del Parco é identificata in una carta generale ; una
seconda carta identifica i comuni di ciascuna comunità ; una terza carta, di
tipo carta stradale, indica la posizione di ciascun manufatto.
Le schede, che sono organizzate per presentare l’insieme dei manufatti di un
comune, possono servire da guida per la visita del Parco.
Le schede sottostanti illustrano qualche opera citata nel tomo I.
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Fig. 1 – Sistemazione a lunette : comune di Castelcivita (p. 19) |
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Fig. 2 - Forno per l’essicazione dei fichi : Località Farmeta, comune di Perito
(p. 229) |
NOTE
(1) Con "microarchitetture" l'autore intende le piccole costruzioni
rurali (capanne, stalle, laboratori artigianali, chiese campestri, ecc.) e le
opere di sistemazione dei terreni (opere di captazione dell’acqua, terrazze
di coltivazione, percorsi ecc).
(2) Parco d’interesse geologico membro della Rete dei
geoparchi sostenuta dall’Unesco che riconosce l’importanza geologica di un sito,
la sua gestione olistica e il valore di paesaggi geologici eccezionali.
(3) I due fascicoli, pubblicati sotto la direzione della dott. Elisabetta Floreano,
sono stampati su carta patinata ed hanno una presentazione molto curata. Il
primo comprende fotografie in piena pagina che permettono d’apprezzare la
bellezza delle vestigia come pure la loro integrazione nel paesaggio. I rilievi
ed i disegni sono di una grande finezza.
(4) Una sintesi in francese e in inglese alla fine dell’opera sarebbe stata di
estrema utilità.
II – Panorama delle piccole costruzioni e manufatti rurali
del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni
1 - Sistemazione a terrazze, a gradoni, a lunette, a ciglioni
(pp. 13-26)
Le tecniche di sistemazione dei terreni scoscesi che s'incontrano nella
regione del Parco del Cilento sono a terrazze, a gradoni, a lunette ed a
ciglioni.
La scelta della tecnica é funzione della morfologia del terreno e dal
tipo di coltura.
I terrazzamenti dei vigneti sono orientati in modo da ricevere il
massimo della luce solare mentre per i gradoni e le lunette degli oliveti,
che occupano piccole superfici, si preferisce una buova ventilazione e una
umidità più elevata.
Le terrazze più larghe sono sostenute da grossi muri aventi uno
spessore che talvolta alla base supera i 5 metri.
Le lunette s'incontrano in terreni scoscesi attorno ad un albero
(talvolta due o tre), esse trattengono la terra e evitano che le radici
vengano messe a nudo dalle acque di ruscellamento.
I ciglioni, formati dall'accumulo naturale della terra con pendenze
dolci, servono come terre arabili e pascoli.
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Fig. 1 - Lunetta fra gradoni : comune di Castelcivita (p. 23). |
2 - I percorsi (pp. 27-32)
Fino al 1960, una densa rete di mulattiere e tratturi
collegava le agglomerazioni urbane e le zone della costa a quelle
dell'interno. Quello che rimane di queste antiche strade sono le opere di
drenaggio e scarico delle acque di ruscellamento. Ogni 50 metri c'erano
delle canalette oblique che intercettavano l'acqua, indirizzandola verso
valle. La pavimentazione era composta di tre filari di grandi pietre
regolari sistemate su uno strato di sabbia o materiale lapideo compattato.
Per superare i dislivelli, degli scalini furono messi in opera
si scolpirono nella roccia affiorante.
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Fig. 2 - Percorso : Comune di Novi Velia (p. 29). |
3 – I ponti in pietra e le passerelle in legno
(pp. 33-48)
Per le piccole comunità agricole del Cilento, la
costruzione di un ponte in pietra costituiva uno sforzo finanziario
importante. Per questo motivo, i ponti « a schiena d'asino », larghi
all'incirca un metro, che scavalcano gole profonde, sono piuttosto rari.
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Fig. 3 - Ponte sul fiume Calore : Magliano (p. 37). |
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Fig. 4 - Ponte sul fiume Calore : Magliano (p. 37). |
Per attraversare i corsi d'acqua nelle zone di flysch (1)
del Cilento erano sufficenti delle passerelle di legno. Queste strutture
precarie sono quasi tutte scomparse in quanto necessitavano una
manutenzione continua e importante (sopratutto dopo le forti piogge).
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Fig. 5 - Passerela in legno : Cannalonga (p. 47). |
4 - I luoghi di culto exrtaurbani (pp. 49-60)
Si differenziano in base alla loro posizione ed al loro
ruolo nel territorio.
Gli eremi
Sono grandi cavità naturali che si trovano nelle zone
calcaree. All'interno c'è un altare, un pozzo per la raccolta dell'acqua
di percolazione e un giaciglio. Essi prendono il nome dal santo venerato o
dal toponimo.
Le cappelle rupestri
Si tratta di piccole grotte trasformate in cappelle con la
costruzione di un'altare e dotate spesso di una grata metallica di
protezione. Si trovano in luoghi di difficile accesso. Esse sono a
tutt'oggi luoghi di pellegrinaggio.
Le cappelle di campagna e di montagna
Si trovano lungo le strade che collegano città e villaggi
e lungo i percorsi che portano alle campagne o in montagna. Si tratta di
edifici isolati negli altipiani in altitudine. Quelli che restano sono
ancora frequentati almeno una volta l'anno per celebrare il santo patrono
a cui sono dedicati. Si tratta di strutture molto semplici costituite da
un unico vano coperto da un tetto a due falde.
Le chiese di campagna
Si trovano a breve distanza dai villaggi e sono state costruite, nei
secoli XVIe XVII, sulle fondamenta di luoghi di culto precedenti. Sono
costruzioni rettangolari con navate, abside e campanile.
Le cappelle gentilizie
Sono state costruite dalle famiglie nobili nei secoli XIX e XX
per la devozione ai santi patroni e alla Vergine. Sono vicine ai
villaggi e in quei luoghi dove il passaggio è più importante. Si tratta
spesso di grandi edifici con pronao e campanile. L'interno è ben rifinito
e presentano, sulle pareti e sul pavimento, delle decorazioni che
esprimono l'importanza della famiglia alla quale appartengono.
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Fig. 6 - Eremo di San Biagio : Camerota (p. 52). |
5 - I ricoveri temporanei (pp. 61-68)
Distinguiamo :
- le terrate, composte da un muro in pietra
a secco con copertura a due falde composta da grossi rami ricoperti di terra ;
servono da rifugio in caso di cattivo tempo ;
- i catuoi (sing. catuoio), sono in pietra a secco o
muratura e tegole come copertura; essi sono utilizzati per ospitare gli
animali ed alloggiare i pastori ;
- i pagliari, sono in pietra a secco nella parte
inferiore, mentre la parte superiore é fatta da steli di giovani piante ;
- i pagliarieddi, sono interamente di paglia.
In montagna, i pagliari e i pagliarelli erano
utilizzati come capanne ma anche come ripostigli dove i pastori conservavano
gli attrezzi per la trasformazione del latte.
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Fig. 7 - Ricovero temporaneo : Roccadaspide (p. 62). |
6 - I maufatti per l'approvvigionamento idrico (pp. 69-91)
La distribuzione irregolare delle precipitazioni durante
l'anno e l'assenza di un sistema razionale ed efficace di canali ha
costretto i proprietari di fondi agricoli ed i pastori a costruire vari
manufatti.
Il sistema di raccolta delle acque piovane dai tetti
(pp. 69-73)
Il sistema di raccolta dell'acqua piovana dei tetti,
tipico del Cilento, é costituito da un filare di tegole rovesciate
disposte in lieve pendenza sotto le sponde e sostenute da mensole di
pietra infisse nelle pareti. L'acqua era poi convogliata attraverso
discese in terracotta incassate nei muri, fino alle cisterne poste
all'interno o all'esterno delle case.
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Fig. 8 - Raccolta delle acque piovane provenienti dai tetti :
Sant'Angelo a Fasanella (p. 71). |
Le vasche di raccolta ell'acqua (pischere)
(p. 73)
Costruite in muratura e intonacate, ricevevano le acque
dei canali (levate) e l'acqua di ruscellamento. A pianta rettangolare,
avevano mediamente le dimensioni 8 x 8,5 x 1,5 metri e si trovavano a
monte dei campi e giardini da irrigare.
I canali (levate) (pp. 74-76)
Nelle zone a bassa permeabilità dove domina il flysch, l'acqua dei
piccoli fiumi é stata deviata verso i campi coltivati mediante
canalizzazioni in muratura o scavate direttamente nel terreno.
Le cisterne (pp. 77-78)
Sono state costruite in mattoni e rivestite con malta idraulica. La
copertura é con volta a cupola per le più piccole e con volta a botte
per quelle più grandi.
I pozzi (pp. 79-80)
Si dividono in due tipi : il pozzo semplice, che raccoglie
il deflusso delle cque di ruscellamento o l'acqua drenata attraverso il
suolo, e i pozzi freatici, che captano l'acqua dalla falda sotterranea.
Entrambi hanno i loro muri in pietra per contrastare la pressione
laterale. In alcune zone di montagna, ci sono molti piccoli stagni che
servivano per abbeverare gli animali e preparare il solfato di rame per
trattare le vigne contro la peronospera.
Gli abbeveratoi (pp. 81-82)
Sono di forma rettangolare, in muratura o scavati in
tronchi di faggio appoggiati su pali forcuti. Gli abbeveratoi di montagna
sono destinati a dissetare il bestiame e si dividono in a vasca singola (i
più comuni) e a vasche a ricaduta o a scala (da tre a otto vasche). Nelle
zone in cui il terreno è calcareo, gli abbeveratoi sono costruiti in
prossimità di fonti e la loro presenza ha influenzato il percorso dei
tratturi. In alcune zone, gli abbeveratoi vengono riempiti con secchi,
attingendo l'acqua da grandi stagni o pozzi a cielo aperto situati nelle
vicinanze.
I fontanili (pp. 82-87)
Ogni villaggio era dotato di una o più fontane pubbliche
situate lungo le vie di transito o vicino ad una fonte. Le fontane erano
divise in comparti: quello vicino alla sorgente era la fontana d'acqua
potabile, poi veniva il lavatoio con i suoi piani inclinati, e, alla fine,
l'abbeveratoio per gli animali. Negli anni '60 sono divenuti obsoleti e
sostituiti dalla rete di approvvigionamento idrico.
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Fig. 9 - Abbeveratoio a cascata : « Fonte di San Tommaso » (p. 81). |
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Fig. 10 - Fontana d'acqua potabile, lavatoio, abbeveratoio
: Roccagloriosa (p. 86). |
Le neviere (nevere) (pp. 90-91)
Le neviere, che di solito si trovavano in montagna, erano
di origine naturale o artificiale. Furono scavate a forma d'imbuto nel
terreno o costruite con pareti (spesso circolari) di pietre a secco. La
prima neve veniva compattata dall'uomo e coperta con uno strato di foglie
e poi con uno strato di rami per evitare che il vento trasportasse via le
foglie. La caduta di neve successiva contribuiva a trasformare la neve già
compattata in ghiaccio. In occasione delle feste patronali, mandrie di
asini trasportavano al villaggio il ghiaccio necessario per fare i
sorbetti ed i gelati.
7 - I mulini idraulici (pp. 92-119)
Durante il Medioevo, i mulini ad acqua si sono diffusi nel
Cilento grazie ai monaci basiliani (2), adottando la stessa tecnologia del
resto d'Europa. Il modello di macinazione è rimasto invariato fino al
1960. Questa lunga durata ha permesso di trovare esemplari in buon stato.
I mulini erano quasi sempre situati fuori dalle zone residenziali, ma non
troppo lontani. Le innondazioni hanno distrutto quelli costruiti nelle
gole nei pressi di corsi d'acqua, mentre molti di quelli che erano ai
piedi delle montagne e in zone percorse da piccoli fiumi sono tuttora in
piedi.
I mulini erano prevalentemente a ruota orizzontale, i
sistemi a ruota verticale erano utilizzati per i frantoi (trappiti).
La dimensione della struttura di macinazione era proporzionale alla portata
d'acqua disponibile e alla produzione locale di cereali
L'installazione era costituita da due camere sovrapposte
situate ai piedi della torre di caduta. La sala al pian terreno conteneva
il sistema idraulico e quella superiore l'impianto di macinazione, le cui
parti principali erano le due macine (palmenti) in pietra monolitica
dura. Dopo la derivazione, l'acqua arrivava al mulino tramite un canale che
terminava con un tratto a pendenza molto dolce lungo da 10 a 100 metri.
Questa porzione terminale, con valvola di intercettazione per controllare
il flusso di acqua, era sostenuta da una serie di archi e spesso dotata di
uno o più serbatoi di accumulo (refoli) a monte della torre di caduta.
La torre di caduta era una struttura troncoconica costituita da blocchi di
pietra tagliata o da anelli monolitici sovrapposti. L'acqua usciva dalla
torre attraverso un foro alla base e colpiva le pale della ruota.
Il parco accoglie un solo mulino a vento (pp. 114-118).
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Fig. 11 - Mulino ad acqua : Moio della Civitella (p. 108). |
8 - I frantoi (trappiti) (pp. 120-144)
I frantoi sono edifici o locali di una casa che ospitano
le attrezzaturele per l'estrazione dell'olio dalle olive. Essi sono
suddivisi in base al tipo di forza motrice. I mulini installati nelle case
di campagna o al piano terra delle case signorili sono a trazione animale
(l'asino) ; quelli costruiti assieme ai mulini ad acqua sono quasi sempre
idraulici.
I vecchi trappiti avevano una sola macina, quelli più
recenti (azionati da motori elettrici o a scoppio) sono a due macine. Le
macine erano azionate da ruote verticali o orizzontali.
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Fig. 12 - Frantoio : San Mauro La Bruca (frazione San Nazario) (p. 128). |
9 - Le calcare (carcare) (pp. 145-152)
Le calcare (carcare, sing. carcara) si trovavano
lungo le strade, per facilitare il trasporto delle pietre e della calce, e
dove c'erano affioramenti calcarei e abbastanza legna per fare il fuoco.
Spesso, erano situate in prossimità di mulini, il mugnaio esercitatva
anche questa attività.
Di forma cilindrica, aperta superiormente, la calcara aveva
una camera di combustione dotata di una volta che la separava dalla camera
di cottura superiore nella quale veniva posto il carico di rocce calcaree.
I contadini costruivano calcare rudimentali (carcamusci,
sing. carcamuscio) per produrre calce povera, utilizzata in agricoltura.
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Fig. 13 - Calcara : Monte San Giacomo (p. 149). |
10 - Le fornaci per la terracotta (pp. 153-161)
Nelle fornaci per la terracotta venivano prodotti coppi
(irmici, sing. irmice), mattoni pieni, piastrelle, manufatti dalla forma
cilindrica (mummulieddi) che sostituivano i mattoni per le pareti, e tubi
per lo smaltimento dell'acqua. Alcune regioni erano specializzate nella
produzione di mattoni standard e ceramiche di qualità.
Gli elementi di base per la produzione delle terrecotte
erano il serbatoio per il trattamento dell'argilla, il tornio in legno, il
bacino per la preparazione dello smalto ed il forno di cottura.
Il forno di cottura era di forma circolare, con una camera
di combustione avente la volta a forma cuspidale in grado di sostenere il
vasellame della camera di cottura. Questa camera, in mattoni refrattari,
era coperta con una volta a cupola.
Il processi di cottura e raffreddamento duravano circa dieci
ore ciascuno.
I forni per la cottura dei mattoni erano sempre a
struttura cilindrica e avevano le due camere parzialmente sotterranee. Le
pareti a contatto con la terra erano intonacate con argilla. La camera di
combustione era delimitata da una volta in mattoni forati che costituiva
il pavimento della camera di cottura.
Il carico e lo scarico venivano fatti da sopra ; dopo la
carica il forno veniva chiuso con una volta composta da rifiuti.
I pezzi da cuocere erano disposti in modo tale da non
essere in contatto né con le pareti né con fiamma e in maniera da lasciare
interstizi per il passaggio dell'aria calda.
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Fig. 14 - Fornace : Montecorice (frazione Zoppi) (p. 160). |
11 - I forni per il pane ed i forni per l'essicazione dei
fichi (pp. 162-171)
I forni per il pane erano presenti in quasi tutte le case
isolate. Nei villaggi, erano spesso utilizzati in comune e collocati
indifferentemente in qualsiasi stanza della casa. Nelle zone a clima mite
si trovavano all'esterno, ma nelle zone di montagna erano in cucina,
vicino all'ingresso,
Il forno era costituito da una struttura in legno sulla
quale si costruiva la calotta con mattoni disposti in lunghezza, che
restringendosi formavano la volta. All'interno, si disponeva uno strato
isolante di malta su cui poggiava il piano di cottura in mattoni. A 10-15
cm dal soffitto era costruito un altro muro di mattoni che chiudeva ed
isolava la camera di cottura.
La bocca del forno si chiudeva con una porta di ferro che
poteva avere uno spioncino per l'ispezione. Il fumo veniva convogliato
all'esterno tramite la cappa del camino che saliva lungo la parete, fino
al tetto.
Il forno di essiccazione dei fichi era spesso alloggiato
sotto le scale al di fuori della casa; a volte era situato al piano terra
con la bocca verso l'esterno o poteva costituire un edificio indipendente
spesso a due piani. Il forno di essiccazione veniva costruito utilizzando
la stessa tecnica del forno per il pane, ma con una bocca più larga e ad
arco ribassato. I fichi bianchi del Cilento, dopo essere stati essicati
all'aria, venivano messi in forno per una mezz'ora.
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Fig. 15 - Forno per l'essicazione di fichi : Prignano (p. 166). |
12 - I palmenti per la pigiatura dell'uva (pp. 172-176)
I palmenti si trovano lungo la strada e servono uno o più vigneti.
Sono costituiti da una o due vasche scavate in blocchi di arenaria o
conglomerato. Le vasche sono poste a livelli differenti e comunicano tra
loro attraverso un foro. Sono sub-circolari o rettangolari.
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Fig. 16 - Palmento in pietra colglomeratica : Comune de
Novi Velia (p. 172). |
13 - Le aie (pp. 177-179)
L'aia è un'area adiacente alle fattorie spesso circondata
da muretti in pietra o bordure in terra.
Negli allevamenti e nelle fattorie cerealicole, l'aia è
rettangolare o quadrata quando è adiacente all'abitazione, circolare se è
in piena campagna. Il suo rivestimento é in pietra.
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Fig. 17 - Aia : San Giovanni a Piro (p. 179). |
14 - Le staccionate e le chiudende in legno (pp. 180-182)
Le staccionate dei recinti delle pecore e capre attorno
alle stalle, erano assemblate con pali e traverse di legno. Esse erano
rimontate quotidianamente attorno a un nuovo albero di ulivo. Durante il
giorno le deiezioni degli animali concimavano la terra. Una volta che gli
animali erano fatti uscire, la terra veniva rivoltata per interrare le
deiezioni ed evitare che venissero asciugate dal sole.
Le chiudende in legno venivano realizzate con la stessa
tecnica delle recinzioni.
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Fig. 18 - Chiudenda in legno : Sanza (p. 181). |
15 - Gli orti murati (pp. 183-188)
L'orto è un piccolo appezzamento, situato in prossimità
delle abitazioni, circondato da un muretto, una staccionata in legno o da
una siepe. Si coltivano i prodotti per il consumo familiare. Ogni casa
rurale isolata o nel villaggio, aveva il suo orto, spesso sul retro e
protetto dal vento. Veniva fertilizzato con letame, ceneri e residui della
trasformazione di prodotti agricoli.
Il piccolo agricoltore ci faceva crescere le verdure e le
erbe aromatiche; l'agricoltore ricco aveva in più gli alberi da frutto.
L'orto di quest'ultimo era spesso strutturato a terrazze e protetto da
alte mura. La parte più vicina alla casa era adibita a giardino. L'orto
aveva uno o più ingressi ed era dotato di un serbatoio di acqua (pischera)
o di un pozzo. Si coltivavano agrumi, frutti pregiati e uva da tavola.
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Fig. 19 - Orti murati : Controne (p. 184).
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16 - I portali di accesso alle proprietà agricole (pp.
189-193)
I portali in muratura che danno accesso a terreni agricoli
erano molto diffusi nella zona del Vallo della Lucania e, a seconda della
loro forma e dimensione, testimoniavano del prestigio dei proprietari. Ce
ne sono di quattro tipi.
- Portale a elevazione rettangolare, costruito nello
stesso piano della parete è sufficientemente largo per consentire il
passaggio di animali da soma. La porta è a doppia anta e dotata di un
sistema di chiusura.
- Portale ad arco semicircolare, costruito a sbalzo, è
coperto da un tetto a due falde. Sull'intonaco sono incisi l'anno di
costruzione e le iniziali della famiglia.
- Lo stesso tipo di quello precedente, tranne che l'arco
è sormontato da un timpano coperto da lastre di pietra o tegole. Quasi
sempre l'ingresso è chiuso da una porta di ferro.
- Portale a sviluppo profondo e volta a botte ;
all'interno ci sono lo stemma della famiglia e delle decorazioni.
I primi due corrispondono a famiglie ricche e gli ultimi
due all'aristocrazia terriera.
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Fig. 20 - Portale : Vallo della Lucania (p. 193).
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NOTE
(1) flysch : alternanza di arenarie (roccie sedimentarie
costituite da granuli sabbiosi più o meno cementati fra loro) e marne
(rocce sedimentarie costituite da mescolanza di finissimo materiale
calcareo e argilloso).
(2) Un monaco basiliano, a rigor di termini, é un monaco
che segue la regola di San Basilio. Tuttavia, il termine spesso si
riferisce in generale, a tutti i monaci d'origine bizantina.
Per informazioni, scrivere a :
Ente Parco Nazionale del Cilento
Vallo di Diano e Alburni, Palazzo Mainenti
84078 Vallo della Lucania (SA)
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Il 29 maggio 2017 / May 29th, 2017
Riferimento da citare / To be referenced as :
Sergio Gnesda
Recensione di Camillo Crocamo, Le tipologie di architettura rurale nel
Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Globus snc, Vallo
della Lucania (Salerno), 2015
http://www.pierreseche.com/parco_del_cilento_2_it.htm
29 maggio 2017
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