RECENSIONE

Camillo Crocamo, Le tipologie di architettura rurale nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Globus snc, Vallo della Lucania (Salerno), 2015

Sergio Gnesda

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I - La pubblicazione

In occasione del suo soggiorno a Parigi in novembre 2016, l’architetto Camillo Crocamo ci ha consegnato il primo numero della serie Le tipologie di architettura rurale nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Intitolato Le Microarchitetture (1), quest’opera é costituita da due volumi, intitolati il primo, Approfondimenti, e il secondo, Schede.

Il Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni é un parco nationale italiano situato nella provincia di Salerno, in Campania. Creato nel 1991, é inscritto dal 1998 nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità stabilita dall’Unesco ed é riconosciuto quale riserva della biosfera dal 1997. É il primo parco nazionale italiano divenuto geoparco (2).

Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni

Nel secolo XVIImo e XVIIImo, i mercanti e gli artigiani, dopo aver acquistato le terre dei nobili e del clero, le adattarono per sfruttarle a fini agricoli. Questo fatto si tradusse principalmente nella costruzione di terrazzamenti, ponti, opere per recuperare l’acqua, mulini, ecc.. Gli abitanti del Cilento hanno utilizzato queste opere fino alla fine degli anni 1950, quando l’agricoltura ha cessato di essere redditizia.

Ogni elemento é studiato nel suo contesto identificando la funzione per la quale é stato costruito e determinando lo statuto sociale della famiglia alla quale appartiene.

Il tomo I (Approfondimenti) presenta le caratteristiche delle opere classificandole per tipo funzionale mentre il tomo II (Schede) raccoglie le schede individuali delle opere proprie a ciascuna delle sette comunità del Parco (3).

L’autore ha recensito le opere più importanti (759 schede !) ed ha preso in considerazione solamente quelle che non avevano subito interventi di riconversione. Il suo lavoro, frutto di 40 anni di ricerche sul terreno, di colloqui con gli anziani e dei suoi ricordi personali, mira a evidenziare l’importanza di questo patrimonio.

Tomo I – Approfondimenti

Il primo fascicolo, di quasi 200 pagine, é composto da 16 capitoli :

1/ sistemazione a terrazze, a gradoni, a lunette, a ciglioni, 2/ i percorsi, 3/ i ponti in pietra e le passerelle, 4/ i luoghi di culto extraurbani, 5/ i ricoveri temporanei, 6/ i manufatti per l’approvvigionamento idrico, 7/ i mulini, 8/ i frantoi, 9/ le calcare, 10/ le fornaci per la terracotta, 11/ i forni per il pane ed i forni per l’essicazione dei fichi, 12/ i palmenti per la pigiatura dell’uva, 13/ le aie, 14/ le staccionate e le chiudende in legno, 15/ gli orti murati, 16/ i portali di accesso alle proprietà agricole.  

Questi 16 capitoli sono seguiti da una bibliografia ragionata (4).

Tomo II – Le schede

Il secondo fascicolo comprende le schede che sono divise in tre sezioni :

- fotografica (cinque foto),
- cartografica (due carte catastali storiche),
- analitica (localizzazione e accessibilità, classificazione e stato attuale).
Ognuna delle sette comunità del Parco é identificata in una carta generale ; una seconda carta identifica i comuni di ciascuna comunità ; una terza carta, di tipo carta stradale, indica la posizione di ciascun manufatto.
Le schede, che sono organizzate per presentare l’insieme dei manufatti di un comune, possono servire da guida per la visita del Parco.

Le schede sottostanti illustrano qualche opera citata nel tomo I.
 

Fig. 1 – Sistemazione a lunette : comune di Castelcivita (p. 19)

 

Fig. 2 - Forno per l’essicazione dei fichi : Località Farmeta, comune di Perito (p. 229)

NOTE

(1) Con "microarchitetture" l'autore intende le piccole costruzioni rurali (capanne, stalle, laboratori artigianali, chiese campestri, ecc.) e le opere di sistemazione dei terreni (opere di captazione dell’acqua, terrazze di coltivazione, percorsi ecc).

(2) Parco d’interesse geologico membro della Rete dei geoparchi sostenuta dall’Unesco che riconosce l’importanza geologica di un sito, la sua gestione olistica e il valore di paesaggi geologici eccezionali.

(3) I due fascicoli, pubblicati sotto la direzione della dott. Elisabetta  Floreano, sono stampati su carta patinata ed hanno una presentazione molto curata.  Il primo comprende fotografie in piena pagina che permettono d’apprezzare la bellezza  delle vestigia come pure la loro integrazione nel paesaggio. I rilievi ed i disegni sono di una grande finezza.

(4) Una sintesi in francese e in inglese alla fine dell’opera sarebbe stata di estrema utilità.

II – Panorama delle piccole costruzioni e manufatti rurali del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni

1 - Sistemazione a terrazze, a gradoni, a lunette, a ciglioni (pp. 13-26)

Le tecniche di sistemazione dei terreni scoscesi che s'incontrano nella regione del Parco del Cilento sono a terrazze, a gradoni, a lunette ed a ciglioni.

La scelta della tecnica é funzione della morfologia del terreno e dal tipo di coltura.

I terrazzamenti dei vigneti sono orientati in modo da ricevere il massimo della luce solare mentre per i gradoni e le lunette degli oliveti, che occupano piccole superfici, si preferisce una buova ventilazione e una umidità più elevata.

Le terrazze più larghe sono sostenute da grossi muri aventi uno spessore che talvolta alla base supera i 5 metri.

Le lunette s'incontrano in terreni scoscesi attorno ad un albero (talvolta due o tre), esse trattengono la terra e evitano che le radici vengano messe a nudo dalle acque di ruscellamento.

I ciglioni, formati dall'accumulo naturale della terra con pendenze dolci, servono come terre arabili e pascoli.

Fig. 1 - Lunetta fra gradoni : comune di Castelcivita (p. 23).

2 - I percorsi (pp. 27-32)

Fino al 1960, una densa rete di mulattiere e tratturi collegava le agglomerazioni urbane e le zone della costa a quelle dell'interno. Quello che rimane di queste antiche strade sono le opere di drenaggio e scarico delle acque di ruscellamento. Ogni 50 metri c'erano delle canalette oblique che intercettavano l'acqua, indirizzandola verso valle. La pavimentazione era composta di tre filari di grandi pietre regolari sistemate su uno strato di sabbia o materiale lapideo compattato.

Per superare i dislivelli, degli scalini furono messi in opera si scolpirono nella roccia affiorante.

Fig. 2 - Percorso : Comune di Novi Velia (p. 29).

3 – I ponti in pietra e le passerelle in legno (pp. 33-48)

Per le piccole comunità agricole del Cilento, la costruzione di un ponte in pietra costituiva uno sforzo finanziario importante. Per questo motivo, i ponti « a schiena d'asino », larghi all'incirca un metro, che scavalcano gole profonde, sono piuttosto rari.

Fig. 3 - Ponte sul fiume Calore : Magliano (p. 37).

 

Fig. 4 - Ponte sul fiume Calore : Magliano (p. 37).

Per attraversare i corsi d'acqua nelle zone di flysch (1) del Cilento erano sufficenti delle passerelle di legno. Queste strutture precarie sono quasi tutte scomparse in quanto necessitavano una manutenzione continua e importante (sopratutto dopo le forti piogge).

Fig. 5 - Passerela in legno : Cannalonga (p. 47).

4 - I luoghi di culto exrtaurbani (pp. 49-60)

Si differenziano in base alla loro posizione ed al loro ruolo nel territorio.

Gli eremi
Sono grandi cavità naturali che si trovano nelle zone calcaree. All'interno c'è un altare, un pozzo per la raccolta dell'acqua di percolazione e un giaciglio. Essi prendono il nome dal santo venerato o dal toponimo.

Le cappelle rupestri
Si tratta di piccole grotte trasformate in cappelle con la costruzione di un'altare e dotate spesso di una grata metallica di protezione. Si trovano in luoghi di difficile accesso. Esse sono a tutt'oggi luoghi di pellegrinaggio.

Le cappelle di campagna e di montagna
Si trovano lungo le strade che collegano città e villaggi e lungo i percorsi che portano alle campagne o in montagna. Si tratta di edifici isolati negli altipiani in altitudine. Quelli che restano sono ancora frequentati almeno una volta l'anno per celebrare il santo patrono a cui sono dedicati. Si tratta di strutture molto semplici costituite da un unico vano coperto da un tetto a due falde.

Le chiese di campagna
Si trovano a breve distanza dai villaggi e sono state costruite, nei secoli XVIe XVII, sulle fondamenta di luoghi di culto precedenti. Sono costruzioni rettangolari con navate, abside e campanile.

Le cappelle gentilizie
Sono state costruite dalle famiglie nobili nei secoli XIX e XX per la devozione ai santi patroni e alla Vergine. Sono vicine ai villaggi e in quei luoghi dove il passaggio è più importante. Si tratta spesso di grandi edifici con pronao e campanile. L'interno è ben rifinito e presentano, sulle pareti e sul pavimento, delle decorazioni che esprimono l'importanza della famiglia alla quale appartengono.

Fig. 6 - Eremo di San Biagio : Camerota (p. 52).

5 - I ricoveri temporanei (pp. 61-68)

Distinguiamo :

- le terrate, composte da un muro in pietra a secco con copertura a due falde composta da grossi rami ricoperti di terra ; servono da rifugio in caso di cattivo tempo ;

- i catuoi (sing. catuoio), sono in pietra a secco o muratura e tegole come copertura; essi sono utilizzati per ospitare gli animali ed alloggiare i pastori ;

- i pagliari, sono in pietra a secco nella parte inferiore, mentre la parte superiore é fatta da steli di giovani piante ;

- i pagliarieddi, sono interamente di paglia.

In montagna, i pagliari e i pagliarelli erano utilizzati come capanne ma anche come ripostigli dove i pastori conservavano gli attrezzi per la trasformazione del latte.

Fig. 7 - Ricovero temporaneo : Roccadaspide (p. 62).

6 - I maufatti per l'approvvigionamento idrico (pp. 69-91)

La distribuzione irregolare delle precipitazioni durante l'anno e l'assenza di un sistema razionale ed efficace di canali ha costretto i proprietari di fondi agricoli ed i pastori a costruire vari manufatti.

Il sistema di raccolta delle acque piovane dai tetti (pp. 69-73)
Il sistema di raccolta dell'acqua piovana dei tetti, tipico del Cilento, é costituito da un filare di tegole rovesciate disposte in lieve pendenza sotto le sponde e sostenute da mensole di pietra infisse nelle pareti. L'acqua era poi convogliata attraverso discese in terracotta incassate nei muri, fino alle cisterne poste all'interno o all'esterno delle case.

Fig. 8 - Raccolta delle acque piovane provenienti dai tetti : Sant'Angelo a Fasanella (p. 71).

Le vasche di raccolta ell'acqua (pischere) (p. 73)
Costruite in muratura e intonacate, ricevevano le acque dei canali (levate) e l'acqua di ruscellamento. A pianta rettangolare, avevano mediamente le dimensioni 8 x 8,5 x 1,5 metri e si trovavano a monte dei campi e giardini da irrigare.

I canali (levate) (pp. 74-76)
Nelle zone a bassa permeabilità dove domina il flysch, l'acqua dei piccoli fiumi é stata deviata verso i campi coltivati mediante canalizzazioni in muratura o scavate direttamente nel terreno.

Le cisterne (pp. 77-78)
Sono state costruite in mattoni e rivestite con malta idraulica. La copertura é con volta a cupola per le più piccole e con volta a botte per quelle più grandi.

I pozzi (pp. 79-80)
Si dividono in due tipi : il pozzo semplice, che raccoglie il deflusso delle cque di ruscellamento o l'acqua drenata attraverso il suolo, e i pozzi freatici, che captano l'acqua dalla falda sotterranea. Entrambi hanno i loro muri in pietra per contrastare la pressione laterale. In alcune zone di montagna, ci sono molti piccoli stagni che servivano per abbeverare gli animali e preparare il solfato di rame per trattare le vigne contro la peronospera.

Gli abbeveratoi (pp. 81-82)
Sono di forma rettangolare, in muratura o scavati in tronchi di faggio appoggiati su pali forcuti. Gli abbeveratoi di montagna sono destinati a dissetare il bestiame e si dividono in a vasca singola (i più comuni) e a vasche a ricaduta o a scala (da tre a otto vasche). Nelle zone in cui il terreno è calcareo, gli abbeveratoi sono costruiti in prossimità di fonti e la loro presenza ha influenzato il percorso dei tratturi. In alcune zone, gli abbeveratoi vengono riempiti con secchi, attingendo l'acqua da grandi stagni o pozzi a cielo aperto situati nelle vicinanze.

I fontanili (pp. 82-87)
Ogni villaggio era dotato di una o più fontane pubbliche situate lungo le vie di transito o vicino ad una fonte. Le fontane erano divise in comparti: quello vicino alla sorgente era la fontana d'acqua potabile, poi veniva il lavatoio con i suoi piani inclinati, e, alla fine, l'abbeveratoio per gli animali. Negli anni '60 sono divenuti obsoleti e sostituiti dalla rete di approvvigionamento idrico.

Fig. 9 - Abbeveratoio a cascata : « Fonte di San Tommaso » (p. 81).

 

Fig. 10 - Fontana d'acqua potabile, lavatoio, abbeveratoio : Roccagloriosa (p. 86).

Le neviere (nevere) (pp. 90-91)

Le neviere, che di solito si trovavano in montagna, erano di origine naturale o artificiale. Furono scavate a forma d'imbuto nel terreno o costruite con pareti (spesso circolari) di pietre a secco. La prima neve veniva compattata dall'uomo e coperta con uno strato di foglie e poi con uno strato di rami per evitare che il vento trasportasse via le foglie. La caduta di neve successiva contribuiva a trasformare la neve già compattata in ghiaccio. In occasione delle feste patronali, mandrie di asini trasportavano al villaggio il ghiaccio necessario per fare i sorbetti ed i gelati.

7 - I mulini idraulici (pp. 92-119)

Durante il Medioevo, i mulini ad acqua si sono diffusi nel Cilento grazie ai monaci basiliani (2), adottando la stessa tecnologia del resto d'Europa. Il modello di macinazione è rimasto invariato fino al 1960. Questa lunga durata ha permesso di trovare esemplari in buon stato. I mulini erano quasi sempre situati fuori dalle zone residenziali, ma non troppo lontani. Le innondazioni hanno distrutto quelli costruiti nelle gole nei pressi di corsi d'acqua, mentre molti di quelli che erano ai piedi delle montagne e in zone percorse da piccoli fiumi sono tuttora in piedi.

I mulini erano prevalentemente a ruota orizzontale, i sistemi a ruota verticale erano utilizzati per i frantoi (trappiti). La dimensione della struttura di macinazione era proporzionale alla portata d'acqua disponibile e alla produzione locale di cereali

L'installazione era costituita da due camere sovrapposte situate ai piedi della torre di caduta. La sala al pian terreno conteneva il sistema idraulico e quella superiore l'impianto di macinazione, le cui parti principali erano le due macine (palmenti) in pietra monolitica dura. Dopo la derivazione, l'acqua arrivava al mulino tramite un canale che terminava con un tratto a pendenza molto dolce lungo da 10 a 100 metri. Questa porzione terminale, con valvola di intercettazione per controllare il flusso di acqua, era sostenuta da una serie di archi e spesso dotata di uno o più serbatoi di accumulo (refoli) a monte della torre di caduta. La torre di caduta era una struttura troncoconica costituita da blocchi di pietra tagliata o da anelli monolitici sovrapposti. L'acqua usciva dalla torre attraverso un foro alla base e colpiva le pale della ruota.

Il parco accoglie un solo mulino a vento (pp. 114-118).

Fig. 11 - Mulino ad acqua : Moio della Civitella (p. 108).

8 - I frantoi (trappiti) (pp. 120-144)

I frantoi sono edifici o locali di una casa che ospitano le attrezzaturele per l'estrazione dell'olio dalle olive. Essi sono suddivisi in base al tipo di forza motrice. I mulini installati nelle case di campagna o al piano terra delle case signorili sono a trazione animale (l'asino) ; quelli costruiti assieme ai mulini ad acqua sono quasi sempre idraulici.

I vecchi trappiti avevano una sola macina, quelli più recenti (azionati da motori elettrici o a scoppio) sono a due macine. Le macine erano azionate da ruote verticali o orizzontali.

Fig. 12 - Frantoio : San Mauro La Bruca (frazione San Nazario) (p. 128).

9 - Le calcare (carcare) (pp. 145-152)

Le calcare (carcare, sing. carcara) si trovavano lungo le strade, per facilitare il trasporto delle pietre e della calce, e dove c'erano affioramenti calcarei e abbastanza legna per fare il fuoco. Spesso, erano situate in prossimità di mulini, il mugnaio esercitatva anche questa attività.

Di forma cilindrica, aperta superiormente, la calcara aveva una camera di combustione dotata di una volta che la separava dalla camera di cottura superiore nella quale veniva posto il carico di rocce calcaree.

I contadini costruivano calcare rudimentali (carcamusci, sing. carcamuscio) per produrre calce povera, utilizzata in agricoltura.

Fig. 13 - Calcara : Monte San Giacomo (p. 149).

10 - Le fornaci per la terracotta (pp. 153-161)

Nelle fornaci per la terracotta venivano prodotti coppi (irmici, sing. irmice), mattoni pieni, piastrelle, manufatti dalla forma cilindrica (mummulieddi) che sostituivano i mattoni per le pareti, e tubi per lo smaltimento dell'acqua. Alcune regioni erano specializzate nella produzione di mattoni standard e ceramiche di qualità.

Gli elementi di base per la produzione delle terrecotte erano il serbatoio per il trattamento dell'argilla, il tornio in legno, il bacino per la preparazione dello smalto ed il forno di cottura.

Il forno di cottura era di forma circolare, con una camera di combustione avente la volta a forma cuspidale in grado di sostenere il vasellame della camera di cottura. Questa camera, in mattoni refrattari, era coperta con una volta a cupola.

Il processi di cottura e raffreddamento duravano circa dieci ore ciascuno.

I forni per la cottura dei mattoni erano sempre a struttura cilindrica e avevano le due camere parzialmente sotterranee. Le pareti a contatto con la terra erano intonacate con argilla. La camera di combustione era delimitata da una volta in mattoni forati che costituiva il pavimento della camera di cottura.

Il carico e lo scarico venivano fatti da sopra ; dopo la carica il forno veniva chiuso con una volta composta da rifiuti.

I pezzi da cuocere erano disposti in modo tale da non essere in contatto né con le pareti né con fiamma e in maniera da lasciare interstizi per il passaggio dell'aria calda.

Fig. 14 - Fornace : Montecorice (frazione Zoppi) (p. 160).

11 - I forni per il pane ed i forni per l'essicazione dei fichi (pp. 162-171)

I forni per il pane erano presenti in quasi tutte le case isolate. Nei villaggi, erano spesso utilizzati in comune e collocati indifferentemente in qualsiasi stanza della casa. Nelle zone a clima mite si trovavano all'esterno, ma nelle zone di montagna erano in cucina, vicino all'ingresso,

Il forno era costituito da una struttura in legno sulla quale si costruiva la calotta con mattoni disposti in lunghezza, che restringendosi formavano la volta. All'interno, si disponeva uno strato isolante di malta su cui poggiava il piano di cottura in mattoni. A 10-15 cm dal soffitto era costruito un altro muro di mattoni che chiudeva ed isolava la camera di cottura.

La bocca del forno si chiudeva con una porta di ferro che poteva avere uno spioncino per l'ispezione. Il fumo veniva convogliato all'esterno tramite la cappa del camino che saliva lungo la parete, fino al tetto.

Il forno di essiccazione dei fichi era spesso alloggiato sotto le scale al di fuori della casa; a volte era situato al piano terra con la bocca verso l'esterno o poteva costituire un edificio indipendente spesso a due piani. Il forno di essiccazione veniva costruito utilizzando la stessa tecnica del forno per il pane, ma con una bocca più larga e ad arco ribassato. I fichi bianchi del Cilento, dopo essere stati essicati all'aria, venivano messi in forno per una mezz'ora.

Fig. 15 - Forno per l'essicazione di fichi : Prignano (p. 166).

12 - I palmenti per la pigiatura dell'uva (pp. 172-176)

I palmenti si trovano lungo la strada e servono uno o più vigneti. Sono costituiti da una o due vasche scavate in blocchi di arenaria o conglomerato. Le vasche sono poste a livelli differenti e comunicano tra loro attraverso un foro. Sono sub-circolari o rettangolari.

Fig. 16 - Palmento in pietra colglomeratica : Comune de Novi Velia (p. 172).

13 - Le aie (pp. 177-179)

L'aia è un'area adiacente alle fattorie spesso circondata da muretti in pietra o bordure in terra.

Negli allevamenti e nelle fattorie cerealicole, l'aia è rettangolare o quadrata quando è adiacente all'abitazione, circolare se è in piena campagna. Il suo rivestimento é in pietra.

Fig. 17 - Aia : San Giovanni a Piro (p. 179).

14 - Le staccionate e le chiudende in legno (pp. 180-182)

Le staccionate dei recinti delle pecore e capre attorno alle stalle, erano assemblate con pali e traverse di legno. Esse erano rimontate quotidianamente attorno a un nuovo albero di ulivo. Durante il giorno le deiezioni degli animali concimavano la terra. Una volta che gli animali erano fatti uscire, la terra veniva rivoltata per interrare le deiezioni ed evitare che venissero asciugate dal sole.

Le chiudende in legno venivano realizzate con la stessa tecnica delle recinzioni.

Fig. 18 - Chiudenda in legno : Sanza (p. 181).

15 - Gli orti murati (pp. 183-188)

L'orto è un piccolo appezzamento, situato in prossimità delle abitazioni, circondato da un muretto, una staccionata in legno o da una siepe. Si coltivano i prodotti per il consumo familiare. Ogni casa rurale isolata o nel villaggio, aveva il suo orto, spesso sul retro e protetto dal vento. Veniva fertilizzato con letame, ceneri e residui della trasformazione di prodotti agricoli.

Il piccolo agricoltore ci faceva crescere le verdure e le erbe aromatiche; l'agricoltore ricco aveva in più gli alberi da frutto. L'orto di quest'ultimo era spesso strutturato a terrazze e protetto da alte mura. La parte più vicina alla casa era adibita a giardino. L'orto aveva uno o più ingressi ed era dotato di un serbatoio di acqua (pischera) o di un pozzo. Si coltivavano agrumi, frutti pregiati e uva da tavola.

Fig. 19 - Orti murati : Controne (p. 184).

16 - I portali di accesso alle proprietà agricole (pp. 189-193)

I portali in muratura che danno accesso a terreni agricoli erano molto diffusi nella zona del Vallo della Lucania e, a seconda della loro forma e dimensione, testimoniavano del prestigio dei proprietari. Ce ne sono di quattro tipi.

- Portale a elevazione rettangolare, costruito nello stesso piano della parete è sufficientemente largo per consentire il passaggio di animali da soma. La porta è a doppia anta e dotata di un sistema di chiusura.

- Portale ad arco semicircolare, costruito a sbalzo, è coperto da un tetto a due falde. Sull'intonaco sono incisi l'anno di costruzione e le iniziali della famiglia.

- Lo stesso tipo di quello precedente, tranne che l'arco è sormontato da un timpano coperto da lastre di pietra o tegole. Quasi sempre l'ingresso è chiuso da una porta di ferro.

- Portale a sviluppo profondo e volta a botte ; all'interno ci sono lo stemma della famiglia e delle decorazioni.

I primi due corrispondono a famiglie ricche e gli ultimi due all'aristocrazia terriera.

Fig. 20 - Portale : Vallo della Lucania (p. 193).

NOTE

(1) flysch : alternanza di arenarie (roccie sedimentarie costituite da granuli sabbiosi più o meno cementati fra loro) e marne (rocce sedimentarie costituite da mescolanza di finissimo materiale calcareo e argilloso).

(2) Un monaco basiliano, a rigor di termini, é un monaco che segue la regola di San Basilio. Tuttavia, il termine spesso si riferisce in generale, a tutti i monaci d'origine bizantina.

 

Per informazioni, scrivere a :
Ente Parco Nazionale del Cilento
Vallo di Diano e Alburni, Palazzo Mainenti
84078 Vallo della Lucania (SA)
ITALIA


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Il 29 maggio 2017 / May 29th, 2017

Riferimento da citare / To be referenced as :

Sergio Gnesda
Recensione di Camillo Crocamo, Le tipologie di architettura rurale nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Globus snc, Vallo della Lucania (Salerno), 2015
http://www.pierreseche.com/parco_del_cilento_2_it.htm
29 maggio 2017

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