E' chiaro che in questo caso si tratta di vasche interamente costruite. Queste piccole costruzioni rurali sono particolarmente numerose nell'isola del Giglio, ma qui le vasche, scavate nella roccia, non sono sovrapposte ma in successione e quella per la raccolta del mosto risulta, nella maggior parte dei casi, esterna [4]. Le vasche n° 5 e 6 di Pietranico erano anch'esse coperte, fino ad alcuni decenni fa, e da un lato di entrambe sono ancora visibili i resti di un muro.
L'importanza di tali strutture di vinificazione viene rilevata anche dall'Antinori [5] il quale ... ricorda una deliberazione con la quale la Camera aquilana richiamò in vita nel 1507 una "franchigia" che le riguardava, il divieto cioè di coltivazione e di pascolo su un certo spazio di terreno ad esse circostante. [6]
Metà delle vasche esaminate non mostra chiaramente i segni della presenza di un torchio, testimoniata in maniera inequivocabile dal foro per l'innesto della trave, però troviamo quasi sempre fori ed incavi che fanno pensare ad un semplice sistema di torchiatura di cui è difficile ricostruire la meccanica. Non troviamo logica, invece, l'esistenza della sola vasca di pigiatura poichè questa fase iniziale della vinificazione non risolve completamente il problema che ha giustificato la nascita di tali impianti in prossimità delle vigne. Infatti le vinacce andavano in ogni caso torchiate ed appare improbabile che le si trasportasse in un altro luogo per tale operazione.
A metà del I secolo a. C.
si diffuse nell'Italia centro-meridionale un particolare tipo di torchio,
chiamato torchio a trave, costituito da un pesante palo di legno impiantato
orizzontalmente su di una vasca rettangolare con la platea rialzata. Su uno dei
lati della vasca era ricavato un incasso quadrangolare, dove veniva imperniata
una delle estremità del palo. L'altra estremità veniva abbassata mediante un
sistema collegato ad una vite senza fine inserita fuori della vasca.
Probabilmente, almeno nella fase iniziale, in questo tipo di torchiatura le vinacce erano contenute in un sacco e, inoltre, per distribuire meglio la forza premente, nel punto in cui il palo toccava il materiale da spremere erano fissate delle robuste tavole di legno in modo da formare una gabbia di contenimento delle vinacce. Successivamente sarà realizzato il cilindro a listelli che con alcune modifiche verrà applicato ai torchi più moderni. Il principio di funzionamento del torchio a trave è quello di una leva di secondo genere, il cui fulcro è l'incastro (f) nel quale si inserisce la "testa" del palo, la forza resistente corrisponde alle vinacce (u), collocate vicino al fulcro e, infine, la potenza è la vite senza fine applicata all'estremità (v), o il sistema di taglie dell'argano. La platea della vasca era realizzata con una leggera pendenza, in modo che il liquido della spremitura potesse defluire, tramite un condotto, in una vasca più piccola, dentro la quale veniva raccolto.
L'incastro della trave nella roccia delle vasche censite era realizzato in modo molto rudimentale, semplicemente inserendo la sua estremità nell'incavo. Nei torchi a trave più grandi, che troviamo in molti casali della montagna abruzzese, il fulcro veniva perfezionato tramite un perno passante che ancorava la trave alla parete di sostegno e diveniva nello stesso tempo il suo asse di rotazione. La vite senza fine veniva collegata ad una grossa pietra; la rotazione provocava l'abbassamento della trave e l'aumento di pressione sulle vinacce. Continuando con l'azione di avvitamento si arrivava al massimo della pressione raggiungibile quando la pietra di base si sollevava. Solamente le vasche n° 2 e n° 5 di Pietranico conservano, nei pressi della vasca, la pietra di ancoraggio della vite, mentre nella vasca n° 2 di Lama dei Peligni troviamo la base in pietra del torchio. Nella vasca n° 4 di Pietranico la vite senza fine non veniva fissata ad un contrappeso ma alla stessa vasca tramite un foro quadrangolare. Molti di questi elementi accessori, malgrado il loro notevole peso, sono stati rimossi [8] o sono rotolati lungo il pendio. Ne abbiamo comunque una ricca tipologia nei torchi a trave costruiti nelle cantine, in particolare nella zona di Carapelle Calvisio e Castelvecchio Calvisio. Il torchio a trave ha una origine molto antica e ne troviamo delle precise descrizioni sia in Plinio che in Catone [9]. Plinio evidenzia il fatto che tale tipo di torchio è particolarmente adatto alla spremitura di grandi quantità di uva e ciò è in perfetta sintonia con le grandi vasche di pigiatura rinvenute nei "casini" della Valle di Vusci, in comune di Carapelle Calvisio. NOTES [1] In questa regione francese molte vasche sono utilizzate per la macinatura e la spremitura delle olive. Voir Michel Rouvière, "Les oliviers des Serres de Vinezac", in Piedras con raices, n° 9, ARTE, Cacerès, 2005, pp. 47-56. [2] Diamante De Luca, "Primi passi di sviluppo industriale sulla sepolta civiltà arcaico-vestina", in L'amico del popolo, 14 aprile 1965. [3] Luigi Lopez, "Vigne e vino nelle memorie e negli statuti dell'Aquila (XIII-XVII sec.)", in R.A. n° 2, 1997, p. 146. Vedi anche: A. De Matteis, L'Aquila e il contado..., Napoli, 1973, p. 153, nota. [4] Mario Brandaglia, Il vitigno Ansonica, Provincia di Grosseto, 2001, pp. 95-109. [5] A. L. Antinori, Manoscritto, vol XVIII, 4 e 7, Biblioteca Provinciale dell'Aquila. [6] Luigi Lopez, op. cit., p. 146. [7] Gaio Plinio Secondo, Storia Naturale, Libro XVIII, p. 835. [8] Una di queste pietre è divenuta, nelle campagne di Carapelle C., la base di un tavolino in pietra. [9] Marco Porcio Catone, De agri cultura, XVIII-XIX, pp. 73-77. Pour imprimer, passer
en mode paysage © Edoardo Micati - CERAV Il riferimento al presente articolo saranno citati come segue : Edoardo Micati I palmenti della provincia di Pescara (Italia) L'architecture vernaculaire, tome 34-35 (2010-2011) http://www.pierreseche.com/AV_2010_micati_it.htm 13 avril 2010 L’auteur : Ethnologue, spécialiste reconnu de la petite architecture rurale des Abruzzes en Italie, Edoardo Micati s'est intéressé aux cabanes en pierre sèche, aux ensembles pastoraux de montagne, aux inscriptions gravées par les bergers sur les rochers et dans les grottes pastorales, aux cuves de foulage en plein champ, etc., publiant le résultat de ses travaux dans des revues italiennes ainsi qu'étrangères (comme L'architecture vernaculaire ou Piedras con raíces) et dans plusieurs livres publiés par des maisons d'édition italiennes. sommaire tome 34-35 (2010-2011) sommaire site architecture vernaculaire |